L’handpan è uno strumento a ritmico melodico di origine relativamente recente, realizzato con due calotte di metallo saldate insieme e accordate in modo da produrre note ben definite.
La sua forma unica – spesso paragonata a un UFO o a una conchiglia di grandi dimensioni – colpisce l’occhio tanto quanto il suo suono affascina l’orecchio.
A renderlo “magico” è innanzitutto la sua sonorità: le vibrazioni armoniose che si sprigionano dall’handpan creano un’atmosfera intima, avvolgente, quasi ipnotica. Ogni tocco delle dita o del palmo può dare vita a toni caldi e profondi, che si combinano tra di loro in una sorta di danza musicale.
La sensazione è quella di avere tra le mani uno strumento che racchiude un piccolo universo sonoro, capace di trasportare l’ascoltatore (e chi suona) in una dimensione rilassante e al tempo stesso evocativo.
Ciò che rende l’handpan particolarmente interessante è la sua natura “tra ritmo e melodia”. Da un lato, si tratta infatti di uno strumento a percussione, dove il contatto diretto con la superficie metallica dà vita a ritmi e pattern; dall’altro, presenta note accordate che permettono di sviluppare linee melodiche e armonie.
Questa doppia anima fa sì che l’handpan possa essere utilizzato tanto per accompagnare altri strumenti con una base ritmica quanto per eseguire veri e propri temi musicali, quasi come se fosse un pianoforte minimalista su cui si dispongono le note in cerchio.
È proprio questa fusione tra percussione e melodia a trasformare la performance in un’esperienza unica, portando chi suona e chi ascolta a riscoprire un’intima connessione con il suono.
Origini e Storia
Il precursore di tutti gli handpan nasce nel Duemila in Svizzera, a Berna, per opera di Felix Rohner e Sabina Schärer, fondatori della PANArt e venne presentato ufficialmente alla Fiera di Francoforte nel 2002. Il loro strumento, chiamato Hang, rappresenta una vera e propria rivoluzione nel mondo delle percussioni: ispirandosi a strumenti come lo steel pan di Trinidad e Tobago e il Gatham dell’India meridionale, i due artigiani svizzeri creano un oggetto sonoro dal design inconfondibile. Il nome “Hang” in dialetto bernese significa “mano”, in riferimento al fatto che lo strumento si suona principalmente con i palmi e le dita.
Dalla Svizzera, la popolarità del Hang si è diffusa a macchia d’olio in tutto il mondo, grazie soprattutto ai musicisti di strada e agli artisti itineranti che ne hanno esibito le sorprendenti qualità sonore.
Nonostante PANArt abbia mantenuto a lungo un approccio quasi “artigianale” alla produzione, con una politica di vendita molto selettiva, la curiosità e l’interesse verso lo strumento hanno dato vita a nuove sperimentazioni. Negli anni successivi, altri costruttori hanno iniziato a produrre strumenti simili al Hang, contribuendo alla nascita e all’espansione della famiglia degli “handpan”, termine che si è consolidato per identificare in generale tutti gli strumenti a percussione melodica derivati dal prototipo svizzero e altri strumenti simili come Hank e Tongue Drum.
Parallelamente, il design è andato evolvendosi. Mentre il primo Hang presentava un numero limitato di note e una forma interna caratteristica, le varianti successive hanno ampliato la gamma tonale, introdotto nuovi accorgimenti tecnici (come l’acciaio nitrurato o trattamenti superficiali specifici) e una più ampia varietà di scale.
Questa continua ricerca e raffinamento ha portato alla creazione di numerosi modelli, ognuno con il proprio timbro e la propria personalità sonora.
La crescente passione internazionale per l’handpan si riflette oggi in un florido panorama di festival, workshop e community online. In molti paesi del mondo si organizzano raduni annuali dove appassionati, costruttori e musicisti professionisti si incontrano per condividere conoscenze, esibirsi e sperimentare nuove sonorità.
Anche i social media e i forum specializzati svolgono un ruolo chiave nella diffusione di questo strumento: grazie ai video, ai consigli e ai tutorial disponibili in rete, chiunque – appassionato, curioso o aspirante musicista – può avvicinarsi all’universo dell’handpan in modo semplice e immediato.
Di fatto, quella che una volta era una rarità esclusiva della Svizzera si è trasformata in un fenomeno globale, con appassionati e artisti che ogni giorno arricchiscono la tradizione e la cultura di questo affascinante strumento.
Caratteristiche e Struttura
Suonare l’handpan da diversi anni mi ha permesso di comprendere quanto sia cruciale la costruzione per la qualità sonora dello strumento. Gli artigiani più esperti selezionano con grande cura i materiali: la maggior parte degli handpan moderni è realizzata in acciaio nitrurato, un metallo sottoposto a un trattamento termochimico che ne aumenta la resistenza alla corrosione e ne migliora il comportamento acustico.
Questo trattamento consente di ottenere un suono limpido, ricco di armonici, che persiste più a lungo dopo il tocco. Esistono anche varianti costruite con acciaio inossidabile o rivestimenti ibridi, ognuno con un proprio timbro e un proprio “colore” sonoro. Dal mio punto di vista, la scelta del materiale è una questione di gusto personale, perché ogni finitura regala vibrazioni e sensazioni uniche sotto le dita.
La forma dell’handpan è, di per sé, iconica: due calotte metalliche saldate che creano una sorta di “cupola” al cui centro si trova la nota principale, indicata con il termine “Ding”.
Intorno a questa nota centrale, sulla superficie, vengono lavorate e accordate diverse “aree di percussione” (le cosiddette tone fields), ognuna corrispondente a una nota della scala scelta dal costruttore. La disposizione delle note può variare, ma normalmente segue una logica circolare, con le note più gravi vicine al Ding e quelle più acute verso i bordi. È affascinante la precisione con cui ogni singolo punto viene martellato e regolato: un lavoro quasi “alchemico”, che richiede un udito fine, una conoscenza profonda dei metalli e spesso anche l’impiego di strumenti elettronici di misura per la conferma finale dell’intonazione.
Ciò che rende l’handpan così espressivo è proprio l’interazione tra la nota centrale, le note periferiche e tutto l’insieme delle vibrazioni che si propagano attraverso il metallo. Se si tocca con decisione la zona del Ding, il suono sarà profondo e riverberante; se invece si sfiora un tone field sul bordo, la nota si fa più brillante e penetrante, quasi “cristallina”.
Ogni colpo, ogni gesto, non è mai uguale all’altro, e questo permette di produrre un’incredibile varietà di sfumature timbriche.
Per quanto riguarda le dimensioni e il peso, ci sono differenze tra i vari modelli. Alcuni artigiani preferiscono calotte più ampie, che rendono lo strumento leggermente più pesante ma donano un “sostegno” più profondo alle note. Altri si concentrano su design più compatti, perfetti per i musicisti che amano viaggiare e suonare per strada o in viaggio.
Dal mio punto di vista, se si ha un handpan più grande, spesso si gode di un maggiore “range” di frequenze basse, cosa che apprezzo molto in ambientazioni sonore più ampie o nei concerti in luoghi aperti.
Un handpan più piccolo, invece, è estremamente pratico per le esibizioni itineranti o le sessioni di meditazione in spazi raccolti, dove la sua voce un po’ più acuta riesce a emergere in modo delicato ma nitido.
Ogni scelta costruttiva, dunque, dal tipo di metallo, alle dimensioni, fino al numero di note e alla scala selezionata, influenza il modo in cui l’handpan suona e “si sente” sotto le mani. Come musicista, la sfida e la gioia più grandi stanno proprio nel trovare (o farsi costruire) lo strumento giusto, quello che risuona con il proprio stile esecutivo e la propria visione musicale. È un percorso che richiede pazienza, ma che regala emozioni straordinarie quando finalmente ci si ritrova a suonare un handpan che sembra quasi parlare con la voce del nostro cuore.
Varietà di Suoni e Scale
Uno degli aspetti che amo di più dell’handpan è la sua straordinaria versatilità nel proporre scale musicali molto diverse tra loro. Ogni costruttore, infatti, può accordare lo strumento su scale maggiori, minori, pentatoniche, orientali o addirittura su combinazioni meno convenzionali.
Per chi suona, questo significa avere a disposizione una tavolozza sonora infinita: dal calore di una scala minore che evoca un’atmosfera malinconica e intima, alla luminosità di una scala maggiore più aperta e gioiosa, fino ad accordature arabeggianti o asiatiche, capaci di trasportare l’ascoltatore in mondi lontani. Personalmente, sono rimasto affascinato la prima volta che ho provato un handpan con una scala pentatonica orientale: le note, sebbene limitate nel numero, erano in grado di dipingere scenari profondi e ipnotici con pochissimi tocchi.
Un altro aspetto interessante, che ha conquistato molti appassionati di meditazione e pratiche olistiche, è l’utilizzo di specifiche frequenze terapeutiche.
Alcune accordature vengono scelte appositamente per favorire il rilassamento e la concentrazione, ad esempio basandosi su frequenze come 432 Hz o 528 Hz, considerate da alcuni particolarmente “armoniche” per il corpo e la mente. Che si creda o meno all’effetto terapeutico di queste frequenze, non c’è dubbio che l’handpan, con le sue vibrazioni morbide e avvolgenti, si presti magnificamente a sessioni di yoga, reiki, meditazione o musicoterapia.
Mi è capitato di suonare in contesti di gruppo, dove, grazie a queste accordature, si è creata un’atmosfera di profondo raccoglimento, come se le note stessero cullando i partecipanti in uno stato di calma interiore.
La scelta della scala è fondamentale anche per definire l’atmosfera che si vuole ricreare durante un’esibizione o un momento di pratica personale. Scale più “buie”, con intervalli ridotti e dissonanze sottolineate, possono trasmettere tensione o mistero; scale più aperte e lineari possono dare un senso di serenità e leggerezza nonchè di rinasciata, solare.
È incredibile come, cambiando semplicemente la tonalità di un handpan, si modifichi del tutto la sensazione che si prova suonandolo. Quando mi esibisco in concerti o sessioni di ascolto, come la "FESTA DELLA MUSICA" ad Arco, scelgo con attenzione quale strumento portare, valutando se voglio creare un’atmosfera raccolta e riflessiva o, al contrario, stimolare l’energia del pubblico e far vibrare l’ambiente con suoni nitidi e raggianti o con un connubio dei due aggiugendo per esempio pezzi con la batteria.
In definitiva, sperimentare varie scale significa esplorare mondi musicali che vanno dal minimalismo poetico alla potenza di armonie più complesse. È un viaggio continuo, perché ogni accordatura ha la sua anima e permette di scoprire sempre nuovi linguaggi sonori. Il consiglio che do spesso a chi si avvicina a questo strumento è di provare diversi handpan, se possibile, e di lasciarsi guidare da ciò che più risuona a livello emotivo, cercando la scala che parli davvero al proprio modo di sentire la musica.
L’Handpan in Contesti Differenti
Uno dei motivi che rende l’handpan così amato è la sua capacità di inserirsi con naturalezza in contesti musicali e non musicali tra loro molto diversi. Chi lo sperimenta, infatti, scopre presto come questo strumento possa passare da un’ambientazione mistica a un palco da concerto, senza perdere la propria essenza sonora.
Negli ultimi anni ho avuto modo di portare il mio handpan in situazioni molto diverse tra loro, confermando ogni volta quanto questo strumento riesca a creare connessioni profonde, indipendentemente dal contesto.
Ho partecipato a laboratori musicali organizzati dall’APPM di Trento, dove bambini e ragazzi hanno potuto avvicinarsi all’handpan in modo spontaneo e coinvolgente. In altre occasioni, ho preso parte a serate culturali e incontri tematici, come eventi dedicati alla riflessione sulla violenza contro le donne o conferenze sul pensiero filosofico di Jiddu Krishnamurti.
Non sono mancate esperienze più artistiche: ho accompagnato mostre pittoriche, fornendo un sottofondo sonoro che potesse amplificare l’esperienza visiva, e ho creato momenti di narrazione musicale, unendo il suono dell’handpan al racconto di fiabe per bambini e adulti. In tutti questi contesti, l’handpan si è rivelato uno strumento capace di unire, di aprire spazi di ascolto e di trasformare l’atmosfera in qualcosa di più intimo e partecipato.
Musica da Meditazione e Yoga
Durante una sessione di yoga in un parco naturale, mentre stavo suonando l’handpan, un uomo si è avvicinato al termine della pratica visibilmente emozionato. Mi ha detto che quelle vibrazioni gli avevano smosso qualcosa di profondo, riportandolo a un ricordo d’infanzia che credeva dimenticato. In quel momento ho compreso ancora più chiaramente quanto questo strumento, suonato in contesti di ascolto e apertura, possa diventare veicolo di connessione emotiva e trasformazione personale.
In molti mi hanno chiesto di suonare l’handpan durante sessioni di meditazione, yoga o pratiche di rilassamento. Il motivo è presto detto: le vibrazioni dolci, quasi “liquide”, e il sustain prolungato delle note aiutano a creare un’atmosfera raccolta, favorendo la connessione interiore e la concentrazione sul momento presente, fino all'abbandono delle proprie emozioni.
- Focus e respiro: mentre si eseguono posizioni di yoga o esercizi di respirazione, i suoni dell’handpan accompagnano il flusso del respiro, diventandone una sorta di eco.
- Ritmi semplici: non è necessario esibirsi con pattern complessi; spesso bastano piccole sequenze ripetute per cullare i praticanti e mantenerli in uno stato di rilassamento profondo.
- Benefici terapeutici: alcuni insegnanti di yoga o terapisti olistici ricercano specifiche accordature ritenute particolarmente efficaci per riequilibrare corpo e mente. Che si tratti di convinzione personale o che derivi da studi di musicoterapia, una cosa è certa: l’esperienza di suonare in queste sessioni si rivela spesso intensa e gratificante, sia per chi suona che per chi ascolta.
Ho avuto modo di contribuire personalmente a questo tipo di esperienze, collaborando con associazioni che si occupano di persone con disabilità motorie o cognitive.
In questi contesti, ho tenuto piccoli eventi musicali all’interno di centri diurni, offrendo momenti di sollievo, ascolto e rilassamento profondo. L’handpan si è dimostrato uno strumento particolarmente efficace nel creare un ambiente accogliente e non giudicante, capace di stimolare l’attenzione, ma anche di calmare e rassicurare.
Ogni volta ho potuto constatare come, anche nei casi più delicati, il suono potesse portare benessere e aprire uno spazio di comunicazione al di là delle parole.
Concerti e Performance Live
Al di là dell’ambito meditativo, l’handpan ha trovato spazio anche su palchi internazionali, in festival e concerti. Grazie alla sua versatilità, l’ho visto impiegato nei contesti più disparati.
- Solista: alcuni artisti dedicano interamente le loro esibizioni all’handpan, alternando momenti di virtuosismo a passaggi meditativi. Esempi noti sono musicisti come Manu Delago, Hang Massive e Yatao, che hanno contribuito a diffondere la cultura dell’handpan in tutto il mondo.
Anche io, in diverse occasioni, ho dedicato interamente la mia performance all’handpan, esplorandone le possibilità espressive sia in contesti raccolti che su palchi più ampi.
- Fusion con altri generi: l’handpan può sposarsi bene con strumenti acustici (chitarra, violino, violoncello) o con basi elettroniche ambient, creando un sound ibrido di grande fascino.
Personalmente, ho partecipato a jam session e progetti musicali in cui l’handpan dialogava con strumenti classici e moderni: dalla voce al contrabbasso jazz, fino a brani più ritmici con batteria e loop station. In un’occasione ho persino inserito l’handpan all’interno di un arrangiamento di musica classica, scoprendone nuove sfumature.
- Stili musicali: dall’ambient al folk, dal world music al pop sperimentale, l’handpan riesce spesso a emergere come un “colore” distintivo, rendendo la performance più evocativa e personale. Anche personalmente ho avuto modo di esplorare diversi stili, dall’ambient alla world music, passando per brani più sperimentali: ogni contesto porta con sé un’atmosfera diversa, e l’handpan sa adattarsi pur restando se stesso.
L’aspetto che colpisce maggiormente in queste performance è la reazione del pubblico: molti ascoltatori incontrano l’handpan per la prima volta e ne restano letteralmente incantati, avvertendo quella componente evocativa di cui parlavamo all’inizio. Essere testimone diretto di queste emozioni e condividerle attraverso la mia musica è un’esperienza impagabile.
Strumento Didattico
Negli ultimi anni, poi, sempre più scuole e laboratori musicali hanno iniziato a considerare l’handpan come strumento didattico. Ecco perché:
Facilità di approccio: a differenza di altri strumenti, l’handpan è intuitivo. Non bisogna imparare posizioni complicate o digitazioni specifiche. Chiunque può iniziare a sperimentare semplici tocchi e pattern ritmici e, in breve tempo, suonare piccole melodie.
Educazione all’ascolto: poiché l’handpan ha un numero limitato di note (accordate in un’unica scala), i principianti possono concentrarsi meglio sul colore del suono, sulla dinamica, sul tocco, senza perdersi in troppe scelte “sbagliate”. Questo sviluppa l’orecchio e l’attenzione ai dettagli.
Apprendimento attraverso l’esperienza: in molti laboratori, soprattutto con i bambini, si insegna a creare piccoli ensemble, dove ogni partecipante suona un tono differente. Questo favorisce la coordinazione e l’espressione collettiva, potenziando anche l’aspetto emotivo e l’empatia all’interno del gruppo.
Ricordo con piacere un laboratorio musicale condotto con i bambini di una scuola primaria, dove l’handpan è stato inserito come strumento centrale per attività espressive, motorie e linguistiche.
Abbiamo ascoltato fiabe musicali e poi invitato i bambini a interpretarle attraverso disegni, movimenti e suoni. Ogni partecipante ha avuto modo di esplorare lo strumento, sperimentando in modo libero e spontaneo. Uno degli aspetti più belli è stato dare voce alla loro creatività: alcuni bambini, ispirati dall’esperienza, hanno persino composto piccole canzoni che poi abbiamo registrato tutti insieme.
L’esperienza ha lasciato un segno profondo, confermando quanto l’handpan possa diventare un ponte tra musica, emozione e crescita personale.
Inclusività: l’handpan può essere suonato a qualsiasi età e, di frequente, anche da persone con difficoltà motorie o bisogni speciali, poiché il contatto è morbido e non comporta forze eccessive. Le vibrazioni che si percepiscono sulla pelle o attraverso la cassa di risonanza donano un effetto tangibile che aiuta a “sentire” il suono in modo più profondo.
Concludendo…
L’handpan, con le sue sonorità avvolgenti e il suo design accattivante, offre un viaggio sonoro che spazia dall’intimità della meditazione alla spettacolarità di concerti e performance live. Abbiamo esplorato le sue origini, la sua evoluzione e l’incredibile varietà di scale che ne ampliano le potenzialità espressive, oltre a scoprirne l’utilizzo in contesti davvero eterogenei, dalla didattica alla musicoterapia.
Ma come si mantiene in perfetta forma questo strumento tanto delicato quanto affascinante? E quali aspetti tenere a mente quando si decide di acquistarne uno, magari come primo handpan o come ampliamento della propria collezione? Affronteremo questi temi nei prossimi articoli, parlando di cura e manutenzione quotidiana per prevenire la ruggine o le ammaccature, di come proteggere il vostro handpan in viaggio, fino a una panoramica su riparazione e accordatura.
Non mancheranno poi consigli su budget, qualità costruttiva e scelta della scala per chi è in cerca dello strumento perfetto, con uno sguardo al mercato – ancora in larga parte artigianale – e alla necessità di provare di persona l’handpan prima dell’acquisto, per assicurarvi che risuoni davvero con la vostra sensibilità musicale.
Resta in attesa: nel prossimo articolo ti guiderò passo dopo passo nella scoperta di come prenderti cura del tuo handpan e, soprattutto, di come scegliere quello giusto per te. Il viaggio è appena cominciato. Sei pronto a lasciarti ispirare dalle vibrazioni di questo straordinario strumento?
[…] stai leggendo questo articolo, probabilmente hai scoperto il magico suono di questo strumento e stai pensando di acquistare il tuo primo […]